Giuseppe d'Arimatea
Giuseppe d'Arimatea (Arimatea, ... – ...; fl. I secolo) è un personaggio del Nuovo Testamento e degli apocrifi del Nuovo Testamento, coinvolto in modo particolare nella crocifissione e deposizione di Gesù.
Durante il Medioevo sorsero alcune leggende che lo collegano alla Britannia e al mito del Santo Graal.
È venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa luterana, dalla Chiesa ortodossa e da alcune Chiese anglicane; in Occidente la sua ricorrenza è il 31 agosto, mentre gli ortodossi lo commemorano la domenica dei Portatori di mirra (la seconda domenica dopo Pasqua) e il 31 luglio.
Nuovo Testamento, apocrifi e letteratura paleocristiana
Giuseppe compare in tutti e quattro i Vangeli canonici, cosa alquanto infrequente nel Nuovo Testamento. A partire dal II secolo, inoltre, nacque attorno alla sua figura tutta una serie di dettagli, probabilmente leggendari, che andarono a confluire nel corpo degli Atti di Pilato, anche noti come Vangelo di Nicodemo o Narrazione di Giuseppe. Altri episodi e particolari furono aggiunti dagli scrittori delle origini del Cristianesimo.Vangeli canonici
Giuseppe d'Arimatea va a trovare Pilato per persuaderlo a concedergli il corpo di Cristo, acquerello di James TissotGiuseppe svolge un ruolo di rilievo nei racconti della passione di Gesù contenuti nei vangeli canonici.
Nel Vangelo secondo Marco (15, 42–46), Giuseppe di Arimatea è membro del Consiglio ed è detto aspettare anch'egli il Regno di Dio. La sera della crocifissione, essendo Parascève, ovvero il giorno della preparazione alla festività del sabato, si reca da Ponzio Pilato e chiede il corpo di Gesù: Pilato è sorpreso che Gesù sia già morto, e dopo aver chiesto e ricevuto conferma della sua morte da un centurione, autorizza Giuseppe. Giuseppe allora compra un lenzuolo, depone Gesù dalla croce, lo avvolge nel lenzuolo e lo depone in una tomba scavata nella roccia, chiudendola poi con una pietra rotolata davanti all'ingresso.
Nel Vangelo secondo Matteo (27, 57–60), Giuseppe è definito un uomo ricco di Arimatea, che era diventato discepolo di Gesù, che si presenta da Pilato a chiedere il corpo di Gesù: Pilato ordina che gli sia dato il corpo, e Giuseppe lo avvolge in un lenzuolo pulito e lo depone nella propria tomba nuova, che aveva fatto scavare nella roccia, fa rotolare una grande pietra a chiudere l'ingresso e se ne va.
Nel Vangelo secondo Luca (23, 50–53) ben due versetti sono dedicati alla presentazione di Giuseppe: è un membro del Consiglio e una «persona buona e giusta» che non aveva condiviso la decisione degli altri membri del Sinedrio riguardo alla condanna di Gesù; anche questo vangelo lo vuole originario di Arimatea in Giudea e spiega come aspettasse il Regno di Dio. Giuseppe va da Pilato a chiedere il corpo di Gesù, lo depone dalla croce e lo avvolge in un lenzuolo, deponendolo in una tomba scavata nella roccia in cui non era stato deposto nessun altro in precedenza.
Nel Vangelo secondo Giovanni (19, 38–42) si racconta che Giuseppe era discepolo di Gesù, ma che mascherava questa sua adesione per timore dei Giudei. Giuseppe chiede a Pilato di poter prendere il corpo di Gesù, ottenendone l'autorizzazione, e allora si reca a prendere il corpo di Gesù, accompagnato da Nicodemo, che porta con sé cento libbre di una mistura di mirra e aloe. I due avvolgono il corpo di Gesù in fasce con gli aromi e, poiché è la Parascève, depongono il corpo in una tomba che si trova lì vicino, in un sepolcro nuovo posto in un giardino nelle vicinanze della crocifissione, dove nessuno era stato sepolto. A differenza dei sinottici, nel Vangelo secondo Giovanni Maria Maddalena non si reca al sepolcro la domenica mattina per trattare il corpo di Gesù, avendovi provveduto Giuseppe e Nicodemo subito dopo la morte: la preparazione completa per la sepoltura da essi effettuata faceva parte, come precisa lo stesso vangelo, dell'usanza con cui si seppelliscono i Giudei.
Vangelo di Nicodemo
Il Vangelo di Nicodemo tratta più ampiamente la deposizione di Gesù e il ruolo svoltovi da Giuseppe.Dopo avere chiesto il corpo di Gesù a Pilato, Giuseppe e Nicodemo lo prepararono e misero nella tomba che Giuseppe aveva fatto scavare per sé. Gli anziani ebrei si arrabbiarono per il fatto che Giuseppe aveva sepolto Gesù e lo fecero arrestare, imprigionandolo e sigillando la porta della sua cella, che fecero custodire da una guardia, ma Giuseppe scomparve dalla cella senza che i sigilli fossero rotti.
Giuseppe ricomparve poi nella sua città, Arimatea. Gli anziani ebrei, avendo mutato opinione e avendo deciso di volersi confrontare più pacatamente con Giuseppe, gli mandarono una lettera di scuse tramite sette suoi amici. Giuseppe tornò allora da Arimatea a Gerusalemme e, dinanzi agli anziani, raccontò che era rimasto nella cella per tutto il sabato, ma che a mezzanotte gli era comparso Gesù in persona, che lo aveva portato a vedere la tomba dove Giuseppe l'aveva sepolto e poi, sebbene le porte fossero chiuse, lo aveva fatto entrare nella sua casa.
Giuseppe confermò la risurrezione di Gesù ai sommi sacerdoti Anna e Caifa, dicendo che era poi asceso in cielo e che altre persone erano risorte dai morti in quella occasione; in particolare, Giuseppe indicò che tra essi vi erano due figli del sommo sacerdote Simone. Anna, Caifa, Nicodemo e Giuseppe, assieme a Gamaliele, si recarono ad Arimatea per interrogare i figli di Simeone, Carino e Lentio.